“L’eccessiva ingerenza della politica, i localismi e la mancanza di cultura industriale hanno fortemente limitato lo sviluppo di aziende snelle in grado di gestire il servizio idrico integrato in maniera efficiente, efficace ed economica”. In questa intervista, Alfonso Andretta, Amministratore Unico Acquedotto Lucano spa, spiega così il motivo per cui molte Regioni del sud sono indietro nello sviluppo di un servizio idrico integrato sostenibile.
E i dati parlano chiaro. Ci sono - spiega Andreatta - ancora troppe perdite idriche soprattutto al sud, che in Italia raggiungono circa il 41%, ma nelle regioni del Centro e del sud questi dati peggiorano: in Basilicata abbiamo una percentuale che arriva al 62,1%, in Abruzzo raggiungiamo valori del 59,8%, in Sicilia del 52,5% ed in Sardegna del 51,3%.
Questo è dovuto a “strutture vetuste che andrebbero sostituite completamente” e, soprattutto in molte zone del meridione, a un servizio idrico integrato che “è stato o è ancora caratterizzato da una forte frammentazione in quanto la gestione è stata affidata ad, esempio, ad amministrazioni comunali che operano in economia”.
Tra le soluzioni: andare verso alleanze strategiche ed industriali con le aziende del Sud.
Nel settore servizio idrico molte Regioni del sud sono indietro. Perché? Quali sono le problematiche?
Le problematiche sono tante e non è semplice riassumerle in poche parole. Provo a dare alcuni spunti. Se ragioniamo a livello di paese ricordiamo, prima di tutto, che in Italia abbiamo consumi elevatissimi di acqua potabile destinata al consumo umano: ogni giorno consumiamo circa 215 litri di acqua per abitante, contro una media europea di 125. A fronte di un maggior consumo, abbiamo un costo dell’acqua che, invece, è tra i più bassi d’Europa. Insomma, consumiamo di più e paghiamo di meno, il che equivale a dire che non si è ancora formata una cultura diffusa del risparmio idrico e che, forse, questa assenza è favorita dal fatto che i cittadini pagano poco questa risorsa. Il problema della coscienza civica è un problema importante perché, a causa dei cambiamenti climatici, la disponibilità di acqua per scopi potabili tende a diminuire portando, a causa dei fenomeni siccitosi che sono sempre più frequenti in alcuni periodi dell’anno e in alcune zone del nostro paese, al razionamento delle forniture.
Il maggior consumo d’acqua, però, non è solo dovuto alla scarsa attenzione da parte degli utenti, ma è fortemente influenzato da un problema strutturale che è quello delle perdite idriche. Queste ultime, mediamente, in Italia raggiungono circa il 41%, ma nelle regioni del Centro e del SUD questi dati peggiorano: in Basilicata abbiamo una percentuale che arriva al 62,1%, in Abruzzo raggiungiamo valori del 59,8%, in Sicilia del 52,5% ed in Sardegna del 51,3%.
Va detto che la maglia nera della Basilicata è dovuta a caratteristiche peculiari del nostro sistema di approvvigionamento caratterizzato da reti di adduzione lunghe centinaia di chilometri dove l’acqua scorre a pressioni elevatissime superiori anche a 70 bar (in Italia è difficile avere situazioni dove si superano i 10 bar di pressione). Dunque, anche una piccola rottura, su condotte con queste caratteristiche, comporta perdite elevatissime.
Se, invece, analizziamo il problema più in generale, emergono evidenti deficienze strutturali e gestionali. Per troppo tempo le condutture idriche non sono state sostituite, per cui ci ritroviamo strutture vetuste che andrebbero sostituite completamente. Sostituire le condotte, però, costa e se l’acqua si paga poco i gestori difficilmente troveranno nelle tariffe quei fondi necessari per risolvere i problemi accumulatisi negli anni.
Il problema, come detto, però non è solo strutturale, in molte zone del meridione il servizio idrico integrato è stato o è ancora caratterizzato da una forte frammentazione in quanto la gestione è stata affidata ad, esempio, ad amministrazioni comunali che operano in economia. L’eccessiva ingerenza della politica, i localismi e la mancanza di cultura industriale hanno fortemente limitato lo sviluppo di aziende snelle in grado di gestire il servizio idrico integrato in maniera efficiente, efficace ed economica. In inglese questo fenomeno si chiama “Water management devide” e sta ad indicare il divario che c’è tra gli elevati standard gestionali che ormai assicurano le Utilities del nord Italia e le performance dei gestori idrici nel nostro mezzogiorno.
E invece quali sono i punti di forza del meridione nel settore?
Al netto delle generalizzazioni, perché anche nell’ambito del Nord come del Sud del nostro Paese ci sono differenze importanti tra regioni e province, i report elaborati a vari livelli ci parlano di una migliore qualità dell’acqua nel Mezzogiorno e, almeno per quanto riguarda la Basilicata, di una maggiore quantità di acqua disponibile. L’acqua, dunque, per la nostra Regione costituisce una grande ricchezza che deve essere salvaguardata e gestita con criteri industriali in quanto diventa anche un importante fattore di sviluppo economico. Provo a fare un esempio: i data center, cioè gli insediamenti industriali dedicati allo stoccaggio dei dati informatici, consumano molta energia e hanno bisogno di molta acqua per assicurare il raffreddamento delle macchine utilizzate. In quale posto realizzare queste strutture se non in Basilicata? Abbiamo disponibilità idrica ed una produzione di energia rinnovabile in quantità tali da superare già oggi tutti i consumi elettrici della nostra regione.
In particolare come si posiziona la Basilicata? Quali sono le problematiche affrontate da Acquedotto Lucano e cosa state facendo per recuperare il gap?
Il territorio della Basilicata ha caratteristiche tali che, da sole, spiegano quanto posa essere complessa la gestione del servizio idrico integrato. Parliamo, infatti, di un territorio vasto circa 10 mila chilometri quadrati, quasi la metà del quale è di natura montuosa, mentre soltanto l’8 per cento del territorio lucano ha una morfologia pianeggiante. I centri abitati sono tutti molto piccoli, quindi con un numero ridotto di utenze. Per la gestione del servizio idrico integrato questo territorio necessita di una rete molto estesa e di un sistema particolarmente complesso e oneroso: l’area gestita comprende 130 comuni e appena 295 mila utenti; una dotazione infrastrutturale costituita da circa 15.000 Km di reti idriche e fognarie, da 479 sorgenti, 41 pozzi, 2 potabilizzatori, da 840 serbatoi, 227 impianti di sollevamento idrico, 128 impianti di sollevamento fognario e da 179 impianti di depurazione. Ne deriva che l’incidenza dei costi energetici e di manutenzione è particolarmente elevata soprattutto se raffrontata al ridotto numero di utenze che serviamo. Inoltre, negli ultimi due anni, la situazione dei costi energetici, a causa della guerra in Ucraina, ha portato ad aumento vertiginoso dei costi energetici che ha messo a rischio la sopravvivenza stessa dell’Acquedotto Lucano.
Come spesso succede, però, da una situazione di potenziale crisi abbiamo colto le opportunità che si sono presentate (e che abbiamo cercato) iniziando un importante percorso virtuoso. Infatti, grazie al supporto della Regione, alle opportunità garantite dai finanziamenti del PNRR ed alla collaborazione con le Università e le Utilities del nord stiamo dando una importante sterzata nella conduzione aziendale puntando tutto sull’innovazione tecnologica e su accordi di partenariato anche con grandi player del settore dell’energia.
Cosa significa innovazione tecnologica e quale strategia avete adottato?
La strategia aziendale ha due pilastri su cui si fonda il piano industriale da breve approvato dall’Assemblea dei soci e che comporta un cambiamento di visione che per la nostra azienda è sicuramente epocale.
I pilastri, tra di loro interconnessi, sono quelli della transizione ecologica e della transizione digitale. Adottare un percorso di transizione ecologica per noi vuol dire: 1) migliorare la qualità dell’acqua erogata; 2) ridurre le perdite idriche; 2) migliorare le performance depurative anche per puntare a riutilizzare le acque depurate; 4) ridurre i consumi energetici, favorire l’autoconsumo da FER e, per la quota di energia rimanente, approvvigionarsi a prezzi fissi e ridotti rispetto a quelli di mercato. Si tratta, dunque, di un percorso difficile e lungo se si confrontano gli obiettivi che ci siamo posti lo stato attuale degli impianti gestiti, ma nonostante ciò stiamo già ottenendo, come nel caso dell’energia, risultati concreti in breve tempo.
Nel corso del 2022 sono stati completati sei impianti fotovoltaici che si aggiungono ad un altro impianto già entrato in funzione nel 2021; sono in fase di realizzazione interventi sulle reti idriche previsti nell’ambito del finanziamento del REACT EU: a completamento di tutti gli interventi previsti, è stimata una riduzione di almeno il 6 per cento del volume di perdite complessive nelle reti (pari a oltre 2 milioni di metri cubi). Ciò comporterebbe un risparmio energetico pari a circa 1,8 GWh/anno; sono stati previsti ulteriori interventi sulle reti idriche nell’ambito del finanziamento del PNRR da completare entro il 2026. In tal caso, si prevede una riduzione di un volume di perdite nelle reti pari a oltre 20 milioni di metri cubi con un risparmio energetico minimo pari a 23 GWh/anno (pari ad oltre il 15 per cento degli attuali consumi annui); sono in fase di realizzazione il revamping e l’efficientamento delle quattro stazioni di sollevamento idrico a maggior consumo.
Per queste azioni, il cui completamento è previsto entro il 2024 è stato previsto un risparmio di 15 GWh/anno (pari a circa il 10 per cento degli attuali consumi annui); è prevista la realizzazione di un parco eolico con due torri ciascuna da 2 MW e di parchi fotovoltaici da realizzarsi in aree industriali per un totale di 4 MW. A ciò aggiungiamo anche la possibilità di firmare in tempi brevi, grazie all’impegno della Regione, accordi che ci consentiranno di coprire almeno due terzi dei nostri consumi con una fornitura di energia elettrica da fonti rinnovabili ad un prezzo fisso e contenuto. Ma la transizione ecologica (compresa quella energetica che ci consentirà negli anni di decarbonizzare completamente la nostra azienda) non può essere raggiunta se non utilizzeremo gli strumenti dell’innovazione digitale. Da questo punto di vista ci ha dato un forte aiuto l’Europa e la possibilità di sfruttare strumenti di finanziamento, come quelli del REACT EU e del PNRR, ci ha garantito la possibilità di costruire su piattaforma informatica quello che si chiama, appunto, gemello digitale della rete.
Ciò significa ricostruire in maniera virtuale quello che succede nella rete idrica reale con la possibilità, ad esempio, di regolare a distanza le pressioni nelle nostre condutture, di monitorare le perdite intervenendo con tempestività, e di applicare un sistema di manutenzione predittiva. Queste funzioni, nel tempo, dovranno essere estese anche alle reti fognare ed alla gestione degli impianti. E’ cominciato un percorso che deve superare ancora molte difficoltà come, ad esempio, quella di acquisire competenze informatiche, tecniche ed ingegneristiche in grado di guidare una macchina innovativa e veloce., ma è un percorso ormai tracciato e che nemmeno le ultime resistenze (anche interne) non potranno più bloccare, Acquedotto Lucano entra nel futuro e farà di tutto per garantire quell’evoluzione tecnologica che è alla base di una gestione moderna ed industriale del servizio idrico integrato.
Ritiene che tra le varie Regioni del meridione ci sia dialogo e collaborazione? Potrebbe aiutare un tavolo interregionale del sud sul servizio idrico?
La collaborazione con le altre aziende è fondamentale. Noi ci siamo mossi firmando un accordo di collaborazione con HERA SpA ed abbiamo ricevuto ampia disponibilità a collaborare da A2A. Queste azioni vanno nel segno della condivisione delle best practice, favorita dalla nostra federazione (Utilitalia), proprio con quelle aziende che nel nord Italia hanno raggiunto livelli tecnologici e gestionali più avanzati.
A ciò va aggiunto il fatto che con il vicino Acquedotto Pugliese c’è una consuetudine di rapporti e collaborazioni che derivano anche da accordi sottoscritti già da alcuni anni, ma soprattutto dalla comune origine delle due società. Ma la necessità di stringere alleanze deriva dagli scenari che emergono da elementi che, in parte, ho già avuto modo di evidenziare.
Tra questi ricordo: 1) la necessità di avere programmi comuni di gestione delle risorse idriche che mettano al riparo anche regioni a noi confinanti dai problemi connessi ad eventi siccitosi; 2) la necessità di ridurre i costi di gestione evitando la inutile duplicazione di strutture costose o creando delle centrali di acquisto che consentono di avere risparmi negli approvvigionamenti; 3) la necessità di formare personale su tematiche comuni connesse proprio all’innovazione tecnologica.
Dunque, nell’ambito della propria autonomia, possibili alleanze strategiche ed industriali con le aziende del Sud non solo sono da favorire, ma diventeranno la strada obbligata proprio per superare quel water management devide di cui abbiamo parlato e per affrontare le nuove sfide che ci pone e ci porranno i cambiamenti climatici già in atto.
Intervista di Elena Veronelli