In Italia il rapporto tra manutenzione straordinaria ed il valore delle infrastrutture è molto basso rispetto agli altri paesi europei. Ne consegue un progressivo deterioramento dell’efficienza delle infrastrutture idriche ed una pesante eredità per le future generazioni. E’ necessario che i gestori investano di più e soprattutto meglio per invertire questa tendenza e garantire una gestione efficiente e sostenibile dei sistemi idrici. In questo senso sono fondamentali da una parte il ruolo guida dell’AEEG che deve spingere i gestori verso l’efficienza e dall’altra l’impegno dei gestori a crescere mediante l’acquisizione di know-how e l’implementazione di metodi e tecniche innovative. Spingere verso l’efficienza consentirebbe inoltre di dare nuovo impulso al settore della gestione della risorsa idrica con opportunità di crescita per le aziende Italiane del settore, creazione di posti di lavoro e potenziale sviluppo anche sui mercati internazionali.
In un recente articolo apparso su LaVoce (http://www.lavoce.info/archives/36230/qualcosa-si-muove-nellacqua) Antonio Massarutto dell’Università di Udine, effettua un focus sugli investimenti del settore evidenziando una moderata ripresa degli investimenti con differenze tra aree del paese ancora forti, specie nella quota di investimenti pubblici e privati.
Secondo Massarutto i dati disponibili sono ancora frammentari, sembra comunque delinearsi una ripresa degli investimenti (tabella 1): per quelli finanziati dalla tariffa, il valore atteso per il 2015 è di 1,5 miliardi di euro (+55 per cento rispetto al 2012). In termini pro-capite, si passa da 16 a 25 euro l’anno. Le differenze tra aree sono ancora rilevanti: il dato maggiore si riscontra nel Nord-Est (41 euro l’anno), mentre nelle Isole siamo praticamente fermi al palo. A questi valori vanno aggiunti gli investimenti finanziati da contributi pubblici, per i quali manca tuttavia un approfondimento.
Il dato medio, sia nazionale che per macro-area, è tuttavia fuorviante. Un’analisi più puntuale sulle prime dieci aziende per popolazione servita (complessivamente circa 22 milioni) mostra che il dato pro-capite (inclusi in questo caso i contributi pubblici) si aggira sui 36 euro l’anno (tabella 2), a dimostrazione che dove il sistema è partito davvero, i risultati sono migliori, mentre la media nazionale risente anche delle molte realtà che, per diversi motivi, non sono ancora riuscite a dare attuazione a quanto previsto nei piani.
Le tariffe hanno continuato a crescere. Secondo Cittadinanzattiva, nel 2013, una famiglia di tre persone spendeva in media 333 euro l’anno: ma la dispersione è alta, passando da un minimo di 143 (Molise) e di 213 (Lombardia) a un massimo di 498 (Toscana). L’incremento medio negli schemi tariffari approvati dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico è stato del 2,7 per cento tra 2012 e 2013 e del 6,4 per cento nel biennio successivo. Non è ancora un valore di equilibrio: Utilitatis stima che, per generare i flussi di cassa necessari a sostenere gli investimenti pianificati (50 euro l’anno pro-capite) le tariffe debbano raggiungere almeno i 3 euro al metro cubo, ossia crescere ancora di un buon 50 per cento. Del resto, negli altri paesi UE si investe ancora di più (80-100 euro l’anno pro-capite) e le tariffe sono da una volta e mezzo a due volte più elevate di quelle italiane.
Il nuovo assetto regolatorio, pur incompleto in alcuni tasselli, si è mostrato più coerente con l’esigenza di rilanciare gli investimenti e garantire l’equilibrio finanziario dei gestori, ridestando così l’attenzione dei finanziatori.