Stato della legislazione regionale per la delimitazione e la costituzione degli Enti di governo degli ambiti
L’art. 147 del decreto legislativo n. 152/06 prevede, al comma 1, che gli ATO siano definiti dalle Regioni. Il comma 2 della medesima disposizione, come modificata dal citato decreto “Sblocca Italia”, specifica poi che «Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali [...] nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi: a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino [...]; b) unicità della gestione; c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici». Il comma 2-bis del medesimo articolo prevede che «Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane [...]».
Appare, pertanto, opportuno evidenziare come la normativa vigente, sia generale, sia settoriale, sancisca – ai fini dell’affidamento del servizio idrico integrato – la regola dell’individuazione di ATO di dimensioni non inferiori al territorio delle province o delle città metropolitane. Infatti, anche l’art. 3-bis, comma 1, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, recante la disciplina generale dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, prevede che «A tutela della concorrenza e dell’ambiente, le regioni [...] organizzano lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali [...] tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio e istituendo [...] gli enti di governo degli stessi [...]», specificando che «La dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del territorio provinciale».
Si segnala che tutte le Regioni hanno provveduto a delimitare gli ATO e molte di esse hanno anche proceduto a ridefinirne il perimetro territoriale, con una conseguente razionalizzazione del numero di ATO. Tuttavia le scelte compiute a livello regionale non hanno ancora pienamente condotto verso modelli dotati degli auspicati caratteri di uniformità e omogeneità sul territorio nazionale, con divaricazioni tuttora sussistenti tra le diverse situazioni regionali. Vi sono, infatti, alcune Regioni che, dopo aver consolidato una organizzazione con più ATO, sono passate alla aggregazione su scala regionale; altre che avevano adottato tale soluzione fin dall’inizio e l’hanno confermata; altre ancora hanno mantenuto l’organizzazione con più ATO all’interno del proprio territorio.
In particolare le dimensioni degli ATO, definite dalla normativa sin qui vigente, risultano molto eterogenee sul territorio nazionale: si rilevano ATO con oltre un milione di abitanti (per esempio, l’ATO unico Puglia conta oltre 4 milioni di residenti) e altri di dimensione molto ridotta tra cui – considerando anche i sub bacini in cui risultano ripartiti taluni Ambiti di delimitazione regionale (si vedano l’Abruzzo, la Calabria, l’Emilia Romagna, la Toscana e l’Umbria) – l’ATO Peligno Alto Sangro, con meno di 74.000 residenti. L’ATO di minori dimensioni è l’ATO Centro-Ovest 2 (Savona), peraltro di recente costituzione.
In particolare, esaminando le dimensioni degli ATO attualmente identificati dalle pertinenti legislazioni regionali emerge che:
- in dieci regioni (Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Puglia e Sardegna) è stato individuato un unico ambito territoriale, che è coincidente con il territorio della regione; si può, dunque, affermare che tale modello risulti a tutt’oggi ancora quello prevalente;
- in quattro regioni (Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Sicilia) è a oggi prevista una pluralità di ATO, di dimensioni non inferiori al territorio delle province o città metropolitane, come previsto dalla normativa vigente;
- in cinque regioni (Liguria, Lombardia, Veneto, Marche e Campania) si riscontra la ripartizione del territorio regionale in più ambiti, alcuni dei quali di dimensioni inferiori al territorio delle corrispondenti province o città metropolitane, tanto da suggerire ulteriori approfondimenti in ordine alla conformità al quadro normativo di riferimento.
L’Autorità nel recente Rapporto 2015 ritiene, comunque, utile ricordare che in alcuni casi, ai fini della delimitazione degli ATO, le Regioni hanno mostrato di prediligere criteri di natura idrografica, piuttosto che di natura amministrativa: si sono pertanto creati ATO che tendono a non coincidere con alcuno dei confini provinciali preesistenti. La nuova disciplina introdotta, che pone delle soglie dimensionali minime in corrispondenza dei confini provinciali, potrebbe pertanto essere utilmente interpretata combinandola con i tuttora vigenti parametri di carattere idrografico, cogliendo nell’ambito di questi ultimi quelli che possano indurre ad ampliare ulteriormente gli ATO originariamente delimitati. Appare opportuno precisare che anche nei casi in cui l’ATO coincida con l’intero territorio regionale, l’Autorità intende avviare specifici controlli in ordine alla coerenza tra la decisione di affidamento per ambiti inferiori al territorio della regione – verificando che sia comunque non inferiore al territorio corrispondente alle province o alle città metropolitane – e le possibili maggiori efficienze conseguibili in base alla dimensione di scala dell’ATO.
L’art. 147, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 152/06, sancisce che «Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all’articolo 143, comma 1. Qualora gli enti locali non aderiscano agli enti di governo dell’ambito individuati ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle regioni e dalle province autonome e, comunque, non oltre sessanta giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le relative spese a carico dell’ente inadempiente. Al riguardo, si rammenta che anche l’art. 3-bis, comma 2, del decreto legge n. 138/11, prevede che «Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli Enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo cui gli enti locali partecipano obbligatoriamente».
Affidamento della gestione del servizio idrico integrato
Il decreto “Sblocca Italia”, intervenendo sull’art. 172 del decreto legislativo n. 152/06, ha disciplinato la procedura da seguire – in sede di prima applicazione, tenuto conto delle gestioni esistenti – per garantire il conseguimento del principio di unicità della gestione, prevedendo anche – per gli Enti d’ambito che non avessero già provveduto – l’obbligo di adottare il Piano d’ambito, scegliere la forma di gestione e disporre l’affidamento al gestore unico d’ambito entro il 30 settembre 2015.
In tale contesto, il decreto “Sblocca Italia” ha, tra l’altro, chiarito e precisato che «Al fine di garantire il rispetto del principio di unicità della gestione all’interno dell’ambito territoriale ottimale, il gestore del servizio idrico integrato subentra […] agli ulteriori soggetti operanti all’interno del medesimo ambito territoriale»3, confermando ed esplicitando, così, l’avvenuta cessazione ex lege delle gestioni diverse dall’affidatario del servizio idrico integrato per l’ambito, con la sola eccezione delle c.d. “gestioni salvaguardate”, che proseguono a esercire il servizio fino alla scadenza naturale del proprio contratto. L’art. 149-bis del decreto legislativo n. 152/06, come modificato dal richiamato decreto “Sblocca Italia”, detta poi le regole che gli enti locali devono seguire per addivenire all’affidamento del servizio idrico integrato. In particolare, la citata disposizione prevede che «L’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del piano d’ambito di cui all’articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.
L’affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale […]. Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale». Nell’ambito delle informazioni raccolte per il monitoraggio del rispetto degli obblighi in materia di affidamento del servizio idrico integrato – cui gli Enti d’ambito dovranno ottemperare sulla base dei termini sopra riportati (allo scadere dei quali si riferirà dettagliatamente) – l’Autorità ha posto l’attenzione in particolare sull’individuazione delle casistiche di mancato affidamento del servizio.
Si riscontrano 15 ATO per i quali l’Ente di governo dell’ambito non ha ancora provveduto all’affidamento del servizio. Tra questi si distinguono tre ambiti unici regionali (ATO Valle d’Aosta, ATO Molise e ATO Calabria5) e alcuni ATO della Lombardia (tre), Liguria (due), Lazio (uno), Campania (due) e Sicilia (quattro), interessando complessivamente una popolazione pari a 11.613.796 abitanti. Nei restanti casi, gli Enti di governo dell’ambito, ove costituiti, hanno proceduto all’affidamento del servizio per il territorio di competenza.
Investimenti e tariffe
In ragione della stretta interdipendenza tra le scelte pubbliche elaborate nelle programmazioni di ambito e le risultanze gestionali, i metodi tariffari introdotti dall’Autorità hanno esplicitato la selettività per obiettivi e interventi, prevedendo la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti (enti locali con procedura partecipata dai gestori). Infatti, nell’ambito delle istruttorie per l’approvazione delle tariffe predisposte per il 2012 e il 2013 (sulla base dei metodi transitori MTT, di cui alla delibera 585/2012/R/idr, e MTC, approvato con la delibera 28 febbraio 2013, 88/2013/R/idr), particolare attenzione è stata dedicata sia alla valutazione di coerenza delle decisioni assunte dai soggetti competenti in merito all’identificazione degli obiettivi da perseguire sul territorio, sia alla selezione degli interventi necessari e ai relativi costi sostenuti con riferimento ai riflessi in termini di entità dei corrispettivi (si veda, in particolare, la delibera 20 giugno 2013, 271/2013/R/ idr).
Questa impostazione è stata poi ulteriormente sviluppata nel Metodo tariffario idrico (MTI) (delibera 643/2013/R/idr), con il quale l’Autorità ha introdotto, per la prima volta in Italia, una regolazione asimmetrica (per considerare le rilevanti disomogeneità territoriali) e graduale (nell’applicazione di criteri generali di trasparenza e accountability, coerenza, efficienza ed efficacia, nonché convergenza), in grado di ricomprendere e assorbire tutte quelle previgenti.
Nel corso del 2014 e nei primi mesi del 2015, l’Autorità ha proceduto con le istruttorie per l’approvazione delle tariffe relative agli anni 2014-2015, ovvero, in taluni casi, per l’intero periodo regolatorio 2012-2015. Le determinazioni tariffarie per gli anni 2014 e 2015, deliberate dall’Autorità alla data del 22 maggio 2015, riguardano 1.736 gestioni, interessando 48.634.128 abitanti. In particolare, si rileva che:
- per 126 gestioni, che servono 40.009.520 abitanti, residenti in 5.057 comuni, è stato approvato il relativo schema regolatorio (composto da PdI, PEF e convenzione di gestione) proposto dai soggetti competenti, previa puntuale verifica dell’Autorità in ordine alla coerenza tra gli obiettivi specifici dai medesimi fissati, gli interventi programmati per il periodo 2014-2017 e il moltiplicatore tariffario teta (ϑ), come risultante dalle regole per il riconoscimento dei costi efficienti di investimento e di esercizio. I provvedimenti di approvazione dello specifico schema regolatorio, adottati dall’Autorità, interessano il 95% della popolazione del Nord-Est, l’81% dei residenti nell’Italia Centrale e il 76% degli abitanti del Nord-Ovest, mentre la copertura nelle aree del Sud e delle Isole si attesta intorno al 40% (Fig. 4.2);
- per 161 gestioni, che erogano il servizio a 1.753.125 abitanti residenti, è stata disposta l’invarianza dei corrispettivi, escludendo gli stessi dall’aggiornamento tariffario ai sensi dell’art. 7 della delibera 643/2013/R/idr e ponendo il moltiplicatore tariffario pari a 1. In termini di popolazione, le decisioni di blocco dei corrispettivi incidono in modo più rilevante nelle Isole, riguardando il 18% dei residenti;
- per 1.449 gestioni, che non hanno inviato, in tutto o in parte, i dati, gli atti e le informazioni richiesti ai fini tariffari, le tariffe sono state determinate d’ufficio ponendo il moltiplicatore tariffario pari a 0,9, ai sensi del comma 5.7 della delibera 643/2013/R/idr, interessando 6.871.483 abitanti. Le determinazioni di decurtazione del 10% dei corrispettivi riguardano, in particolare, il 37% della popolazione residente nelle Isole e il 26% degli abitanti del Sud.
Come sintetizzato nella figura precedente i provvedimenti di approvazione a oggi adottati dall’Autorità riguardano gestioni che erogano il servizio all’83% della popolazione nazionale, con una copertura pressoché completa in Emilia Romagna, Umbria, Molise, Basilicata, Puglia e Sardegna (che hanno delimitato un ATO unico regionale), nel Piemonte, nelle Marche e nell’ATO Interregionale Lemene. Con riguardo alla regione Lombardia, si segnala la complessità dell’iter di approvazione delle tariffe.
Investimenti pianificati dai soggetti competenti
La ricognizione delle criticità registrate nei relativi territori ha evidenziato, con riferimento alle aree del Sud e delle Isole, una significativa incidenza della discontinuità del servizio idropotabile, delle perdite di rete, nonché della carenza di sistemi fognari e depurativi; l’area Centro ha segnalato criticità riferite all’assenza di misuratori o a limiti delle attività di lettura, mentre le aree Nord-Est e Nord-Ovest hanno segnalato situazioni di criticità riguardo allo stato di conservazione di reti e impianti. I soggetti competenti – nell’ambito delle predisposizioni tariffarie per gli anni 2014 e 2015 – hanno conseguentemente individuato i propri obiettivi specifici, riconducibili soprattutto alla riduzione del grado di vetustà degli impianti e delle reti, all’adeguamento degli impianti di fognatura e depurazione alle disposizioni comunitarie in materia di acque reflue, alla riduzione del tasso di interruzione e potenziamento dei sistemi di adduzione, al contenimento del livello di perdite di rete e dei fenomeni di fuoriuscite e allagamenti e alla copertura efficiente del servizio di misura.
In considerazione dei rappresentati obiettivi specifici, sono quindi stati programmati, per il periodo 2014-2017, i seguenti interventi (risultanti dagli atti e dai documenti trasmessi):
- opere di interconnessione dell’acquedotto e interventi di salvaguardia delle fonti di approvvigionamento;
- interventi su serbatoi, captazioni e grandi adduttrici;
- interventi destinati alla tutela della risorsa idrica e al superamento delle procedure di infrazione relative alle direttive comunitarie, con particolare riferimento alla realizzazione di opere per il miglioramento dei sistemi di collettamento fognario e alla implementazione delle capacità di depurazione degli impianti esistenti;
- ricerca e riduzione delle perdite di rete;
- estensione della rete di telecontrollo, al fine di regolare e monitorare il funzionamento degli impianti, di governare l’efficienza energetica degli stessi, in particolare di quelli fognari e depurativi e, nel caso della rete acquedottistica, di monitorare e migliorare le prestazioni della rete; • ammodernamento del parco misuratori;
- interventi finalizzati all’emergenza idrica.
A fronte dei menzionati interventi, ritenuti prioritari e indifferibili, i soggetti competenti hanno quantificato, per il periodo 2014-2017, un fabbisogno di investimenti di 5.483.860.843 €, al netto dei contributi pubblici.
Detto valore degli investimenti (riferito ai due terzi della popolazione del Paese) - come risultante dagli atti sottostanti alle predisposizioni tariffarie a oggi approvate - presuppone interventi pari al valore totale dalla relativa Regulatory Asset Base (RAB): l’indicatore, calcolato come media ponderata per la popolazione residente, rappresentato dal rapporto fra gli interventi programmati fino al 2017 e il valore delle infrastrutture idriche esistenti, è infatti di poco superiore all’unità, in parte anche in ragione del sottodimensionamento della RAB del settore. In altri termini, alla luce del dato medio nazionale, appare possibile sostenere che le amministrazioni competenti e i gestori si sono impegnati a realizzare, nel quadriennio 2014-2017, interventi di valore pari a quello corrispondente all’intera dotazione infrastrutturale preesistente al 2013, come anticipato anche in occasione dei lavori della III Conferenza nazionale sulla regolazione dei servizi idrici.
Gli specifici schemi regolatori, a oggi approvati, confermano, dunque, il principale presupposto che ha orientato l’Autorità nell’adozione della nuova regolazione idrica: la rilevante esigenza di investimenti, rispetto allo stock di infrastrutture realizzato in passato e incluso nella RAB del settore.
Appare opportuno sottolineare come gli investimenti quantificati (al netto dei contributi pubblici), in particolare per gli anni 2014 e 2015, nell’ambito degli schemi regolatori a oggi approvati dall’Autorità, evidenzino una crescita rispetto agli investimenti consuntivati, nei medesimi contesti territoriali, per il biennio 2012-2013. Nel complesso, con riferimento a circa due terzi della popolazione nazionale, la spesa per investimenti in infrastrutture idriche passa da 961 milioni di euro nel 2012 a 1,49 miliardi di euro nel 2015, con un incremento complessivo del 55% tra le due annualità considerate. Il maggior aumento percentuale della spesa per investimenti si registra nelle Isole (che, riguardando un numero esiguo di popolazione, passa da 11 milioni di euro a 44 milioni di euro, valori comunque contenuti rispetto al fabbisogno infrastrutturale dell’area considerata) e nel Nord-Est (passando da 196 milioni di euro a 441 milioni di euro).
Le determinazioni AEEG hanno comportato a livello nazionale, una variazione media dei corrispettivi applicati all’utenza, rispetto all’anno precedente, pari al 4,12% nel 2014 e al 4,54% nel 2015. Le medie, tuttavia, potrebbero sottendere, nel caso in esame, una crescente divaricazione in ordine agli effetti registrati nelle diverse aree del Paese. A titolo esemplificativo, con riferimento all’annualità 2014, si segnala un incremento delle tariffe pari al 6,19 % nel Centro, al 6,10% nel Nord-Ovest e al 5,87% nel Nord-Est. Nelle aree del Sud e delle Isole – le cui gestioni, come visto in precedenza, sono state interessate in modo più rilevante dalle determinazioni tariffarie.
Si noti come i più elevati incrementi tariffari siano stati riscontrati nelle macroaree del Paese in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2014-2017, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa. In particolare, tale valore risulta pari a 192 €/abitante nel Centro, a 133 €/abitante nel Nord-Est e a 144 €/abitante nel Nord-Oves. Appaiono, invece, più contenute le risorse destinate dalla tariffa agli interventi infrastrutturali nel Sud e nelle Isole, aree in cui, nel quadriennio considerato, sono stati rispettivamente programmati investimenti pari a 75 €/abitante e a 64 €/abitante. Si evidenzia, tuttavia, che in una serie di realtà analizzate con riferimento a queste aree del Paese, si è riscontrata una apprezzabile disponibilità di fondi pubblici da destinare alle infrastrutture idriche, sebbene non sia stato ancora possibile verificare puntualmente l’efficacia di simili previsioni.
Quadro di sintesi
L’anno in corso si configura quindi come uno dei più consistenti e rilevanti per la regolazione del settore idrico in Italia. Nel corso del 2015, infatti, giungeranno a definizione provvedimenti di particolare importanza per il comparto: basti pensare al nuovo metodo tariffario per il prossimo periodo regolatorio e alla convenzione tipo per l’affidamento e la gestione dei servizio idrico integrato. A questi si aggiunge l’introduzione di sistemi di perequazione tariffaria su scala nazionale.
Nell’ambito delle competenze che le sono state attribuite, l’Autorità ha proceduto sinora ad impostare un quadro regolatorio innovativo, per tener conto della molteplicità e della specificità di aspetti che caratterizzano il comparto, definendo al contempo una regolazione volta ad apportare la certezza e la stabilità regolatorie necessarie per lo sviluppo del settore idrico, caratterizzato ancora, in molte zone del Paese, da una significativa carenza infrastrutturale.
Alla fine dello scorso mese di maggio, le approvazioni tariffarie per gli anni 2014-2015, deliberate dall’Autorità, hanno riguardato oltre 1.700 gestioni, interessando circa 49 milioni di italiani. È da questo importante risultato – aggiornamento delle tariffe con un unico metodo omogeneo per tutto il Paese, con approvazione finale da parte dell’Autorità per l’83% della popolazione – che occorre prendere le mosse per alcune considerazioni sulla progettualità nel settore idrico. Pur partendo da un contesto caratterizzato da numerosi elementi di criticità, non ancora del tutto superati, il settore idrico ha, dunque, ripreso un percorso di sviluppo, anche grazie all’impulso impresso dalla regolazione messa in campo da parte di questa Autorità nei tre anni di operato nel settore. A fronte, quindi, di un contesto normativo e regolatorio certo e di un contesto macroeconomico che mostra i primi timidi segnali di ripresa, sembrano essersi create le condizioni favorevoli per una rinnovata stagione di investimenti nel settore; opportunità che il Paese deve cogliere e sfruttare proseguendo nel percorso intrapreso.
A fronte di una variazione media dei corrispettivi rispetto all’anno precedente, pari a poco più del 4% nel 2014 e del 4,5% nel 2015, gli investimenti quantificati (al netto dei contributi pubblici) per gli stessi anni 2014-2015 evidenziano una crescita particolarmente elevata (rispetto al dato consuntivato del 2012, nel 2015 si registra un incremento del 55%), per un ammontare complessivo pari a circa 5,5 miliardi di euro nel quadriennio 2014-2017 (riferito ai due terzi della popolazione del Paese) .
Stimolo per il miglioramento della qualità del servizio erogato agli utenti non verrà soltanto dalle regole tariffarie, ma anche dal completamento della regolazione sulla qualità contrattuale del servizio idrico, finalizzata a rafforzare la tutela degli utenti finali e a superare le difformità a livello territoriale attraverso l’introduzione di standard qualitativi minimi omogenei, il riconoscimento dei costi legati ai miglioramenti qualitativi ulteriori rispetto agli standard minimi e l’introduzione di un meccanismo incentivante composto da indennizzi, penalità e premi.