Intervista a tutto campo su idrogeno, acqua, trasporto sostenibile, nucleare
Il sistema energetico sarà sempre più complesso ed integrato con una diversificazione delle fonti e delle tecnologie. In questa ottica di interazione e collaborazione tecnologica, BolognaFiere Water&Energy ha intervistato tre ricercatori Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile), che quotidianamente svolgono il loro lavoro in piena collaborazione e supporto reciproco: Giulia Monteleone - Responsabile Divisione Produzione, Storage ed Utilizzo dell’energia; Silvano Tosti - Responsabile Laboratorio Tecnologie Nucleari; Salvatore Almaviva - Ricercatore presso il Centro di Frascati nel laboratorio di Diagnostica e Metrologia laser.
L’idea di fondo è che bisogna affrontare la transizione energetica senza schieramenti netti ideologici: tecnologie sull’idrogeno, GNL, nucleare, acqua devono “parlarsi” tra loro. A volte si integrano e si supportano a vicenda, come alcune tecnologie per produrre idrogeno e ossigeno dall’acqua e dalle energie rinnovabili. Altre volte “nascono” per una applicazione e si utilizzano anche per un’altra: Enea ci parla di una tecnologia sviluppata nel contesto della ricerca sulla fusione nucleare che poi è stata studiata per produrre idrogeno ultrapuro a partire dall’acqua e dal sole. “Una stessa tecnologia può essere trasversale, è la prova del nove che funziona davvero”, dicono i ricercatori Enea.
Ma la trasversalità riguarda anche i settori di applicazione: una nuova tecnologia brevettata da Enea che rileva la presenza di sostanze inquinanti nell’acqua, può essere ad esempio adoperata nel settore alimentare, vinicolo, nell’industria dei detergenti, delle tubature e così via.
Ne parliamo in questa intervista a tutto campo.
1) Ing. Tosti, il suo dipartimento ha sviluppato tecnologie per la produzione di energia nucleare che poi, con piccole modifiche, possono essere utilizzate per la produzione di idrogeno. Può spiegarci a grandi linee come funzionano queste tecnologie?
Nel campo delle tecnologie della fusione nucleare ed, in particolare, per il cosiddetto ciclo del combustibile dei reattori a fusione abbiamo sviluppato delle tecnologie che utilizzano membrane tubolari in lega di palladio che hanno la capacità di separare l’idrogeno ed i suoi isotopi (deuterio e trizio) da altri composti. Questi dispositivi sono quindi indispensabili a preparare il “combustibile” per la reazione di fusione, costituito da una miscela di deuterio e trizio. A partire da queste stesse tecnologie, abbiamo realizzato dei reattori chimici che utilizzano tubi di palladio riempiti di catalizzatore, cosiddetti “reattori a membrana”, in grado di produrre idrogeno ultrapuro da reazioni di deidrogenazione di alcoli, idrocarburi e biomasse. La presenza di una membrana in grado di separare e quindi sottrarre l’idrogeno prodotto consente di ottenere delle rese maggiori rispetto ai reattori chimici tradizionali. Ad esempio, questi reattori a membrana sono più efficienti dei dispositivi tradizionali per produrre idrogeno da reforming di metano ed alcol etilico oppure per produrre idrogeno (e syngas) da biomasse quali le acque reflue dei frantoi oleari. Attualmente l’applicazione su larga scala a livello industriale è limitata dal costo elevato dei materiali utilizzati ma gli studi in corso sui metalli alternativi al palladio sono molto promettenti e consentiranno di ridurre i costi e quindi avere a disposizione una tecnologia sicura ed efficiente per la diffusione dell’idrogeno come vettore energetico.
2) È la dimostrazione che ormai bisogna pensare a un sistema energetico più complesso, con tecnologie integrate e trasversali?
Tosti e Monteleone: Esattamente. Questa capacità delle tecnologie di essere “trasversali”, di avere cioè potenziali ricadute in ambiti diversi, è una dimostrazione della loro efficacia, un po’ la “prova del nove” della loro bontà. D’altra parte, efficacia in campi diversi dimostra pure come gli investimenti in ricerca in ambiti con ricadute temporali più a lungo termine (fusione nucleare) possano avere ricadute in settori con prospettive di sviluppo più immediate (produzione di idrogeno).
Dobbiamo pensare a un sistema energetico sempre più complesso ed integrato, con fonti e vettori energetici diversificati, in funzione della disponibilità e dell’applicazione specifica.
3) A proposito di trasversalità, voi siete tra i ricercatori Enea che hanno brevettato una tecnologia per produrre idrogeno verde e ossigeno dall’acqua utilizzando l’energia solare. Potete spiegarci come funziona?
Tosti e Monteleone: Questa ricerca è partita dall’idea di realizzare un reattore a membrana “doppio”, nel quale cioè siano presenti due membrane: una per estrarre l’idrogeno ed una per estrarre l’ossigeno. In questo caso, viene amplificata di un fattore due la capacità di promuovere la reazione nella quale una molecola d’acqua viene scissa per produrre idrogeno ed ossigeno. Il risultato pratico è che già a temperature di 1800 °C è possibile produrre idrogeno ed ossigeno in quantità che in un reattore chimico tradizionale sono raggiungibili solo a temperature molto più alte (circa 2500 °C). Stiamo sviluppando nell’ambito delle iniziative finanziate dal PNRR un prototipo di questo reattore con due membrane in grado di funzionare con energia solare concentrata. Le principali attività di questo progetto riguarderanno lo sviluppo dei materiali metallici e ceramici in grado di operare in maniera affidabile ad elevate temperature e con elevati flussi termici. Il risultato atteso è molto importante perché permetterebbe di ottenere idrogeno (ed ossigeno) direttamente dalla radiazione solare senza dover utilizzare, ad esempio, pannelli fotovoltaici ed elettrolizzatori.
4) In effetti stanno aumentando le imprese e start up innovative che sono al lavoro su tecnologie e brevetti per la produzione di energia da idrogeno partendo appunto dall’acqua. Quali sono le opportunità per queste aziende?
Tosti e Monteleone: Ci sono grandi opportunità per queste aziende proprio tenendo conto della importanza di produrre idrogeno dall’acqua utilizzando fonti rinnovabili (ad esempio solare ed eolico). Questo idrogeno è classificato come idrogeno “verde”, non dà luogo ad emissioni nocive per l’ambiente dalla sua produzione fino al suo utilizzo finale. Più in generale, le sfide che vengono dai cambiamenti climatici impongono l’utilizzo crescente di fonti di energia rinnovabile che a sua volta richiede lo sviluppo di tecnologie e processi innovativi e di materiali con caratteristiche sempre più performanti, creando opportunità per le imprese. In questo senso, il ruolo di chi fa ricerca nel campo delle nuove tecnologie è proprio quello di aiutare le aziende innovative ad individuare e sfruttare le opportunità di sviluppo che sono presenti nei cambiamenti imposti dalle future politiche energetiche.
5) Tra le varie sperimentazioni Enea anche quella sulle nuove tecnologie per l’utilizzo di idrogeno, per il trattamento dei rifiuti ed altre biomasse e l’impiego del calore rinnovabile a media-alta temperatura prodotto da impianti solari a concentrazione. A che punto siamo su questo fronte?
Tosti e Monteleone: Come abbiamo detto, le azioni volte a contrastare i cambiamenti climatici prevedono una sempre maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili. Queste fonti però sono per loro natura discontinue, la loro disponibilità non è facilmente programmabile e per una frazione del tempo sono disponibili quando non richiesto dalla rete. Quando si realizza questa condizione, il costo di mercato dell’energia elettrica ottenuta da queste fonti si riduce molto e quindi può essere conveniente utilizzare questa elettricità per produrre idrogeno che, a sua volta, può essere immagazzinato o utilizzato per scopi energetici. Quindi, anche in questo caso le sfide lanciate dai cambiamenti climatici si possono tradurre in una opportunità, quella di avere idrogeno “verde” a basso costo. Questo idrogeno può essere impiegato in processi di idrogassificazione, nei quali una matrice organica reagisce con l’idrogeno per fare combustibili gassosi, principalmente metano. A causa dell’elevato costo dell’idrogeno, questi processi sono stati realizzati su larga scala in passato solo in occasioni storiche particolari, ad esempio per fare combustibili liquidi e gassosi a partire da carbone dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale ed in Sudafrica durante l’apartheid. L’ENEA ha studiato la produzione di metano mediante idrogassificazione di carbone e di legna e, in uno studio più recente, per il trattamento dei rifiuti. A differenza dei processi di gassificazione tradizionali nei quali i rifiuti reagiscono con aria/ossigeno e vapore, nella idrogassificazione dei rifiuti l’idrogeno è l’unico agente gasificante così da introdurre una serie di importanti vantaggi: si ottengono elevate rese in metano, si opera a più basse temperature (400-450 °C) e si evitala formazione di diossine. Come si vede, la disponibilità di idrogeno a basso costo prodotto da fonti rinnovabili nei periodi di sovrapproduzione (le cosiddette “off-peak hours”) costituisce una importante opportunità per la realizzazione di processi innovativi nell’ambito della chimica verde e della economia circolare.
6) Enea ha realizzato la prima Hydrogen Valley italiana dove sviluppare una filiera nazionale per la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno, puntando su ricerca, tecnologie, infrastrutture e servizi innovativi. Risultati?
Tosti e Monteleone: La prima Hydrogen Demo Valley (HDV) italiana, sorgerà presso il Centro ricerche ENEA Casaccia, una piccola cittadella dove saranno realizzate un insieme di infrastrutture hi-tech per la ricerca, l’innovazione e la sperimentazione delle diverse tecnologie di produzione, accumulo, distribuzione e utilizzo dell’idrogeno, puro o in miscela con il gas naturale, per applicazioni nei settori energia, industria e residenziale. L’Hydrogen Demo Valley è attualmente nella fase di progettazione, si prevede di avviarne la costruzione verso la fine del 2023. L’idrogeno prodotto verrà trasportato e distribuito, puro e in miscela con il gas naturale; un tratto della rete interna di distribuzione del gas naturale (circa 1 km) sarò dedicato alle attività di ricerca, sperimentazione e caratterizzazione di sistemi che producono ed utilizzano idrogeno, anche mediante l’immissione nella rete stessa di % vol. di idrogeno. Attraverso l’uso della rete del gas si dimostrerà così anche il ruolo che l’idrogeno può svolgere come connessione tra rete elettrica e rete gas e di bilanciamento della rete elettrica nel caso di sovrapproduzione di RES (l’energia rinnovabile in eccesso viene convertita in idrogeno che può essere trasformato in metano o immesso tal quale nella rete del gas naturale). Inoltre sarà possibile sperimentare, caratterizzare e validare componenti e sistemi dell’intera filiera dell’idrogeno; saranno condotte prove di fuel e load flexibility su turbine a gas per la valutazione del comportamento delle macchine in condizioni di miscele gas naturale/idrogeno e di carico variabili; verrà realizzata una stazione di rifornimento per l’alimentazione di veicoli FCEV (auto o minibus) per la movimentazione delle merci, bus e automobili, in uso all’interno del centro ricerche ENEA; saranno installate caldaie per il riscaldamento degli edifici – alimentate con miscele naturale/idrogeno – e sistemi di cogenerazione a fuel cell. Verrà anche realizzato anche un idrogenodotto dedicato al trasporto di idrogeno puro.
ENEA mira, con questo progetto, a fornire alla rete di imprese nazionali di settore ed indotto una piattaforma polifunzionale, aperta ed inclusiva, unica nel suo genere, dove le diverse tecnologie e applicazioni dell’idrogeno possono trovare la loro collocazione, dove fare sperimentazione, innovazione e validazione in un ambiente qualificato e dedicato, coniugando la capacità e l’offerta di innovazione e sviluppo tecnologico, di alta qualificazione, proveniente dal mondo della ricerca con la domanda di innovazione a dei cicli delle filiere produttive.
7) Tra le varie attività di studio, ricerca e monitoraggio che portate avanti anche quella, insieme ad Ansfisa (Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali), per l'impiego di idrogeno (fuel cell), in ambito ferroviario, stradale e nei trasporti rapidi di massa. A che punto siamo in Italia sul tema trasporti ad idrogeno sostenibili? Cosa dovremmo fare in più?
Tosti e Monteleone: Considerata l’attuale assenza sul territorio nazionale di infrastrutture per il rifornimento dell’idrogeno, come settori a maggior potenziale, nel breve periodo, si identificano le filiere del trasporto su gomma degli autobus e dei mezzi pesanti, material handling, trasporto ferroviario e marittimo. Infatti, il ricorso a flotte di mezzi (trasporto pubblico, mezzi per la raccolta dei rifiuti, mezzi di movimentazioni merci) potrebbe accelerare la penetrazione dell’idrogeno nel settore della mobilità, garantendo la possibilità di ricorrere a stazioni di rifornimento centralizzate.
Sebbene ad oggi siano ancora pochi i veicoli ad idrogeno con celle a combustibile pronti ad essere messi su strada, numerosi sono i progetti avviati a livello nazionale ed europeo. Ad esempio, nel contesto IPCEI idrogeno sono previsti progetti orientati allo sviluppo di mezzi per il trasporto pesante su gomma, su ferrovia e navali. Tuttavia, perché tali mezzi a idrogeno possano divenire competitivi è necessario supportare parallelamente l’industria delle celle a combustibile, per le quali si rende necessaria una riduzione drastica dei costi ed un incremento della durabilità, affidabilità e stabilità nel tempo; oltre che incentivare la realizzazione di stazioni di rifornimento di idrogeno su tutto il territorio nazionale, partendo dalle direttive principali di collegamento dell’Italia verso l’Europa.
8) Al di là dello sviluppo di nuove tecnologie per rendere i trasporti più sostenibili, poi il problema è anche adattare le relative infrastrutture, stabilire nuove regole e procedure di sicurezza, gestire le reti di approvvigionamento e ricarica….
Tosti e Monteleone: Per favorire la diffusione omogenea di veicoli ad idrogeno nel lungo periodo, sarà necessario incentivare la realizzazione di stazioni di rifornimento di idrogeno (HRS), sebbene inizialmente in numero ridotto, su tutto il territorio nazionale, almeno nelle sue principali direttrici di trasporto di persone e di merci. Il PNRR, componente M2C2, investimento 3.3. ha previsto di sostenere con 230 Mln euro la realizzazione di 40 HRS nazionali, individuando come aree prioritarie: l'asse stradale del Brennero in direzione nord-sud sino alla pianura padana; il corridoio est-ovest da Torino a Trieste; i corridoi delle reti trans-europee di trasporto (Ten-T) e i punti transfrontalieri (cross-border).
Naturalmente, rappresenta un elemento fondamentale per consentire la penetrazione delle nuove tecnologie pulite e sostenibili nel settore della mobilità, l’adeguamento delle normative legate alla sicurezza. Le aree di intervento riguarderanno sia la sicurezza della circolazione, così come la sicurezza antincendio e la sicurezza di impianti ed infrastrutture. In tutti i suddetti ambiti anche la ricerca sta fornendo il proprio contributo attraverso la valutazione della normativa esistente nazionale ed europea, ed individuando processi e procedure necessarie per adeguarle ai nuovi mezzi di trasporto ad idrogeno in funzione degli elementi tecnici innovativi, delle caratteristiche chimico/fisiche del nuovo combustibile utilizzato. Il percorso è avviato.
9) Dott. Almaviva, suo dipartimento Enea ha messo a punto una nuova tecnologia che rileva la presenza di sostanze inquinanti nell’acqua. Di che si tratta più nello specifico? Perchè è importante?
Almaviva: Nel dipartimento FSN-TECFIS-DIM del centro ricerche Enea di Frascati si studiano e sviluppano nuovi dispositivi e metodologie di misura basate su laser. Nel caso specifico dell’applicazione di cui parliamo, abbiamo messo a punto una metodica di misura basata su spettroscopia Raman per la rilevazione di inquinanti dell’acqua. Questa metodica è molto flessibile perchè ha il vantaggio sostanziale di non richiedere alcuna (o comunque una scarsa) preparazione del campione da misurare. Spesso è sufficiente prendere il campione liquido così com’è, nel nostro caso acqua potabile, e misurarne le sostanze disciolte per cercare eventuali contaminanti pericolosi. Fino a pochi anni fa i dispositivi Raman erano limitati ai laboratori a causa della loro complessità. Tuttavia, il loro recente sviluppo ha permesso di superare questo inconveniente con l’avvento di strumenti sempre più compatti e portatili che funzionano anche a batteria. Questo ha incrementato la versatilità della tecnica e ha aperto la strada al loro impiego per misure molto veloci, con tempi dell’ordine di poche decine di minuti (la misura in se richiede tempi anche più ridotti), che possono essere fatte direttamente in-situ, ossia sul luogo dove è presente il campione.
10) In quali settori può essere utilizzata questa tecnologia, anche potenzialmente?
Almaviva: Questa tecnologia può essere applicata in molti settori che riguardano sia la sicurezza sia la qualità alimentare, incluso l’importante settore vinicolo, proprio per le sue caratteristiche di possibilità di un monitoraggio continuo e potenzialmente automatizzato. Per le acque potabili, ma anche le acque reflue usate in agricoltura, il nostro studio si è concentrato sulla simulazione della contaminazione di acqua potabile con alcune sostanze utilizzate come fertilizzanti, come conservanti nell’industria alimentare o come sostanze presenti nei detergenti o usate per la manutenzione delle tubature, sostanze che possono venire scaricate nei bacini o nei fiumi in modo indiscriminato o illegale. Per questo possiamo dire che è uno strumento potenzialmente utile per lo studio dello stato di salute delle acque interne (bacini e/o laghi). Le sostanze che abbiamo scelto sono incluse nella classe dei nitrati, dei fosfati e dei solfiti e sono rappresentative di questi processi di inquinamento, o usate come conservanti alimentari. Nel caso dei fostati e dei nitrati, il loro eccesso in acqua induce il processo di eutrofizzazione, ossia una eccessiva proliferazione microalgale che degrada la qualità dell’acqua e ne riduce l’ossigenazione. La mancanza di adeguata ossigenazione causa, alla lunga, la morte dei pesci. Il problema quindi non è limitato alle acque dolci ma anche alle zone costiere e al mare e, nel caso specifico dell’Italia si è presentato negli anni recenti nel mar Adriatico. Comunque, la concentrazione eccessiva di queste sostanze nell’acqua potabile causa anche serie malattie per gli esseri umani.
Tra i solfiti invece si annoverano alcuni conservanti utilizzati per la conservazione degli alimenti e nella produzione del vino. In quest’ultimo caso, queste sostanze vengono aggiunte in fasi diverse e con scopi diversi perché la solfitazione impedisce l'ossidazione del succo d'uva e inibisce la fermentazione attivata dai lieviti presenti sulla buccia degli acini, che potrebbe incidere negativamente sugli aromi finali del vino. C’è da osservare che i solfiti sono naturalmente presenti in bassa concentrazione nei vini ma l'aggiunta artificiale, se eccessiva e oltre i limiti di legge, può causare danni alla salute. Proprio per poter salvaguardare la salute dei consumatori è stata introdotta una legge che ne regola l’utilizzo in maniera dettagliata. Infine, gli ioni solfito svolgono un ruolo cruciale nell'ambiente atmosferico portando alla formazione di piogge acide ed anche per questo motivo è importante il monitoraggio continuo della loro concentrazione in acqua.
Elena Veronelli