Una proposta di legge del M5S (AC 52 Daga) sta ponendo questioni di grande importanza che crea turbolenza nella struttura del settore idrico; si propone di tornare alla gestione diretta ai Comuni affermando il ritorno al principio di “unitarietà” della gestione, in luogo dell’“unicità”, all’interno di bacini idrografici; l’adesione facoltativa alla gestione unitaria del servizio idrico integrato per i Comuni con popolazione fino a 5mila abitanti situati in territori di comunità montane o di unioni di comuni; il restringimento degli affidamenti, consentiti in ambiti territoriali non superiori alle province o alle città metropolitane.
L’”acqua pubblica” è un tema importante che ora ha avuto anche una chiara posizione da parte della giornalista Gabanelli per il Corriere della sera. Il titolo è “Acqua: ritorno alla gestione pubblica? Il conto da pagare”.
Si dice che “A conti fatti le tariffe dovrebbero diminuire, ma non la pressione fiscale (a meno che non si riducano pure gli investimenti che determinano la qualità dei servizi). La proposta di riforma ha creato il panico tra gli attuali gestori e le lobby si sono attivate. La società di consulenza Oxera, per conto di Utilitalia, ha calcolato tra gli 8,7 e i 10,6 miliardi di euro il complesso d’indennizzi da versare ai concessionari a causa delle revoche, cui si sommerebbero 3,2 miliardi per il rimborso del debito finanziario a carico degli enti locali, altri 2 miliardi per i mancati introiti da canoni di concessione e gli 0,7 miliardi per il rimborso del debito intercompany sempre a carico dei Comuni. Alla fine il costo totale a carico dei contribuenti si aggirerebbe fra i 14,6-16,5 miliardi.”
Il dibattito è in corso. Un approfondito studio realizzato da REF pone le questioni critiche della proposta di legge che propone la trasformazione delle società di capitali in aziende speciali, ovvero in enti di diritto pubblico. Grande sollevazione è in corso da parte delle attuali aziende che gestiscono il servizio e che affermano come l’azienda speciale sia sottoposta a vincoli che non si conciliano con le esigenze di flessibilità della gestione di un servizio industriale e che la snellezza operativa delle società di capitali, rispetto al modello organizzativo pubblico tradizionale.