Di Emanuele Martinelli e Martina Ginasi, Energia Media

 

Digitalizzazione, sostenibilità, nuovi modelli di business. Sono le tre direttrici che gli esperti indicano per il futuro del settore idrico con processi e investimenti che avranno un impatto già nel 2021. Saranno poi le risorse del Recovery Fund, ottenute a fronte di progetti solidi, a dare una decisa spinta al settore. “Un comparto - come dichiarato da Tania Tellini, coordinatrice delle attività del settore idrico di Utilitalia in un recente incontro - che deve guardare a grandi obiettivi sia a livello nazionale che internazionale. E a sfide impegnative, a partire dal climate change, dall’accesso universale all’acqua fino alla tutela della risorsa idrica, tema che riguarda direttamente il nostro Paese. Processi che devono utilizzare tutti gli strumenti derivanti dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione, elementi fondamentali per la transizione del settore.” Altro punto da mettere in agenda con una visione possibilmente a breve periodo riguarda la divisione che il settore presenta tra Nord e Sud, con un’eccessiva frammentazione del sistema soprattutto nel mezzogiorno. Tema che conduce direttamente al livello troppo ingente delle perdite, secondo recenti dati lstat ancora oggi superiori al 41% nel Nord e al 51% nel Sud Italia. “Il salto vero può avvenire grazie a un utilizzo virtuoso dei fondi del Next Generation EU - continua Tellini. Il settore ha bisogno di investimenti e finanziamenti straordinari, di un forte impulso sul tema della Governance per creare le condizioni di una gestione davvero efficiente con tempi di reazione rapidi.”

Una prospettiva che sappia trarre azioni concrete ed efficaci dagli obiettivi strategici generali e dai provvedimenti regolatori per un’organizzazione del servizio che impatterà anche sulla struttura stessa delle tariffe. Un settore critico ma comunque in rapida evoluzione quello idrico a cui sempre più si applicano concetti evoluti. Parliamo per esempio di bioeconomia quando superiamo e diamo concretezza ai principi dettati dalla green economy o dall’economia circolare, connettendo ambiti che riguardano fonti biodegradabili e rinnovabili, per rifarsi appunto a bioeconomia circolare. Su questo punto di grande interesse lo studio di Ref Ricerche, di cui ripercorre qui i tratti salienti Samir Traini. “Si tratta di un diverso modo di concepire una catena del valore che sfocia in sistemi di bioraffinerie, sempre più integrate in modo significativo con l’attività dei gestori industriali del servizio idrico. Bioeconomia che rientra nei piani dell’Unione Europea che già porta a esempi importanti come quello della città di Amsterdam che, grazie proprio a processi di bioeconomia circolare, ha prodotto 150 milioni di euro all’anno di entrate, 1000 posti di lavoro in più e 600mila tonnellate di emissioni di carbone in meno. Il ciclo idrico pesa il 3% sul totale dei settori che formano la bioeconomia in Italia con un’incidenza in linea con Francia e Germania che si attestano intorno al 3,5%. Un modello facilmente implementabile in ambito depurazione e trattamento fanghi, dove passiamo da un concetto più classico di trattamento anaerobico a uno più ampio di bioraffineria, in cui è possibile recuperare una serie di materie biologiche rinnovabili come per esempio la cellulosa. Gli impianti di depurazione sempre più vengono integrati a quelli di trattamento dei fanghi aprendo di fatto un nuovo paradigma, con una serie di materie che possono essere poi reimmesse nel circolo produttivo. Lo Smart Plant di Truccazzano in provincia di Milano, gestito dal Gruppo CAP, recupera per esempio cellulosa e materia prima per bioplastiche. La regolazione relativa alla qualità tecnica sta incentivando i gestori a riconvertire lo smaltimento dei fanghi da depurazione (che prima finivano in discarica) verso soluzioni innovative che permettono di chiudere lo smaltimento dei fanghi appunto all'interno del ciclo idrico. Regolazione che dovrà incentivare un programma di investimenti in questa direzione; in un passaggio del Recovery Fund i depuratori vengono definiti come le nuove fabbriche verdi, che consentono appunto il recupero energetico dei fanghi oltre che, a valle di un processo di depurazione, l’efficace riutilizzo delle acque reflue.”

L’importanza del riutilizzo delle acque depurate è un tema caldo anche per Matteo Colle, Head of External Relation & CSR Gruppo CAP e rappresentante di Water Alliance Lombardia. “A mio parere è senz’altro un ambito da inserire in agenda quanto di parla di innovazione nel settore idrico. L’Italia occupa gli ultimi posti in Europa quando si parla di riuso, viviamo un grande ritardo infrastrutturale e non solo abbiamo una rete obsoleta su cui è stata fatta poca manutenzione e ammodernamento, ma ancora utilizziamo acqua potabile per pulire strade e innaffiare campi. Un fatto antistorico che dice bene quanto il sistema vada ripensato con logiche orientate alla sostenibilità”.

Sono solo alcuni spunti che ben dicono quanto il comparto necessiti di un’attenzione particolare; considerando al tempo stesso che riqualificare gli impianti su alcuni territori vorrebbe dire far partire processi virtuosi di sviluppo dei territori stessi. Il nuovo ministero per la Transizione ecologica insieme al regolatore Arera dovrà assumersi il compito di guidare la trasformazione del settore, considerando nei prossimi provvedimenti l’urgenza di sostenere l’innovazione tecnologica, pensare a strumenti snelli per favorire nuovi Business Model resi possibili dal digitale, e sempre più considerare come urgente l’introduzione di principi di sostenibilità come driver del cambiamento.